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-GRANDE FRATELLO E’ LA CAPITOL CITY DI HUNGER GAMES- TRA RECALCATI E BAUMAN

A cura della Dott.ssa Irene Agostini

Qualche sera fa mi sono imbattuta nel programma “Grande fratello vip”. Ho resistito pochi secondi. Ho sentito i brividi attraversare il mio corpo e l’orrore travolgermi. Voi vi chiederete “ma in che mondo vive questa, non si era accorta che la tv è questa e che migliaia di persone guardano questi programmi?” Eh, davvero..no, non guardo la televisione normale da diversi anni, ormai preferisco scegliere un film, una serie tv o un programma di intrattenimento che mi piacciono. Ecco si, in cui posso contattare piacere e curiosità non orrore. Ma ovviamente ognuno può guardare ciò che vuole ed il piacere è estremamente soggettivo quindi non starò qui a parlare di cosa è giusto vedere e cosa non lo è.
Quello che voglio condividere con voi invece è stato un flash, un insight. Qualcuno di voi ha visto Hunger Games? Un mondo suddiviso in distretti in cui tutti lavorano e muoiono di fame tranne uno..Capitol City. Un luogo raccapricciante, in cui le persone che ci vivono sono sempre vestite a festa, con parrucche, abiti sfarzosi e ciglia di piume di struzzo o di qualsivoglia animale. Insomma una festa di carnevale, sono talmente ricchi ed hanno cibo talmente in abbondanza da assumere un farmaco che li faccia vomitare per poter cominciare a mangiare di nuovo. Insomma si ingozzano come i tacchini il giorno del ringraziamento.
Ecco dove io ritengo che una fetta della nostra società sia arrivata oggi, potremmo sovrapporre le due immagini, due immagini di “mostri” imbottiti dal silicone come dal cibo o dall’apparenza o dalla loro immagine riflessa nello specchio. Imbottiti all’”esterno” ma con un vuoto interiore che non mi lascia spazio nemmeno al pensiero. Ecco quando vedo tutto questo sento il vuoto, l’impoverimento dell’interiorità. Mica perché dobbiamo essere tutti saggi, filosofi o poeti ma quello che viene a mancare è la pienezza della PERSONA dell’essere umano, che non passi attraverso la “deformazione” della propria immagine, manca la pienezza della RELAZIONE dell’io-tu insieme con un contatto profondo, vero, libero dall’esteriorità. Il contatto umano ovviamente esiste ancora oggi ma spesso su un piano completamente diverso: per essere accettato devo essere “perfetto”, fisicamente devo aderire ad un certo canone di bellezza, devo vestirmi in un determinato modo, devo avere l’ultimo modello di telefono, MI RELAZIONO CON L’ALTRO ATTRAVERSO UN MEZZO CHE NON E’ PIU’ QUELLO PERSONALE MA FATTO DAI SOCIAL.
Come diceva Bauman, il concetto di società liquida che caratterizza la nostra epoca è proprio l’estremo investimento sul sé (un po’ come Narciso), l’illusione di arricchimento attraverso l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore ed il consumismo. Parlo di illusione perché chi si trova all’interno di questa spirale in realtà non ne esce mai davvero nutrito, non vado a rifarmi il naso perché non mi piace ed ora mi sento finalmente meglio, ho più stima di me, NO! Trovo il prossimo difetto ed ecco lì che mi sono trasformato/a in un gommone. Si tratta di una BULIMIA senza scopo.
Massimo Recalcati definisce l’ “OBESITA’” la PIAGA SOCIALE DELL’OCCIDENTE, l’obesità non intesa solo in senso corporeo ma come stato interiore di eccessiva pienezza.
“In fondo siamo tutti obesi, tutti riempiti sino a soffocare dalla girandola di oggetti che l’Altro del mercato ci mette continuamente a disposizione; tutti presi da troppo godimento e immersi in uno spazio saturo di cose che precluda la mancanza come sorgente del desiderio e della creazione.
Nell’obesità patologica è proprio questa dimensione di intasamento della mancanza che si manifesta in tutta la sua drammaticità.”

Vi lascio con un’immagine e se avete voglia mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate voi
(Foto prese dal web)

 

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Paura di volare, io non ce l’ho più!

A cura della Dott.ssa Irene Agostini

C’è solo un modo per SENTIRE davvero di non aver più paura di volare o quanto meno di non esserne più terrorizzati. So cosa significa cominciare giorni prima ad immaginare il viaggio, a pensarci sopra quel “trabiccolo” sospesi a migliaia di chilometri da terra, vedere nel cielo ogni aereo che passa e avere già le mani sudate, non riuscire a prendere sonno di notte non sapendo se davvero riusciremo a farcela a salire sopra quella scatola chiusa. Il mio rapporto con l’aereo è stato così per oltre dieci anni ma dalla mia avevo una cosa che nessuno avrebbe mai potuto cambiare: la curiosità di vedere il mondo e quindi, non solo lo prendevo, ma sopportavo ore ore di lunghissimi viaggi. Il decollo lo affrontavo stordita da gocce di calmante e la crociera era un incubo in cui controllare ogni più piccolo cambiamento di rumore o di velocità del velivolo. Nel corso di questa lunga “storia d’amore” con l’oggetto in questione due sono state le informazioni importanti che ho ricevuto (ovviamente non quelle risolutive).

  1. L’aereo ha da fà rumore, anche se questo cambia, ha da fà rumore altrimenti vuol dire che si è spento tutto e tanti cari saluti. Almeno il rumore era diventato mio amico, qualunque esso fosse!
  2. “Le turbolenze sono come le buche delle strade, le macchine prendono le buche? Ecco, le prende anche l’aereo, è la normalità!” (hostess volo di ritorno da Sharm)

Ovviamente queste sono state informazioni utili ma non risolutive, poi un giorno mi imbatto (volutamente) in un libro in cui ti spiegano come non avere più paura di volare; io ovviamente non l’ho letto tutto, mi ero fermata al primo insight che per me era stato fondamentale (solo per continuare a sostenere la mia tesi, CHE FACEVO BENE AD AVERE PAURA DI VOLARE). Non è la PROBABILITA’ che l’aereo cada che si fa paura altrimenti, logicamente, ci passerebbe a tutti con i dati alla mano sulle percentuali di incidenti messi a confronto tra le macchine e l’elefante del cielo ma la POSSIBILITA’. SI LA POSSIBILITA’! E’ vero, se ci pensate, nessuno potrà mai rassicurarci sulla possibilità, la possibilità c’è!

Detto questo e, scherzi a parte, il processo di me è stato davvero lungo, tortuoso e lento

Ma c’è stato un volo, l’ultimo di andata questa estate in cui sono salita e qualcosa era cambiato ho SENTITO e NON CAPITO che dovevo mollare tutto questo controllo, INUTILE, avrei potuto controllare per ore hostess, stuart, i loro volti, i cambi di velocità, ogni singolo rumore. Una volta lassù io non avrei potuto fare niente, anzi avrei potuto solo fare una cosa GODERMI IL VIAGGIO sapendo che in caso di pericolo NON AVREI POTUTO FARE NIENTE.

L’ansia è incredibilmente diminuita e anzi ho sentito nuovamente il piacere e l’eccitazione di stare lì, ferma, seduta a farmi accompagnare in questo viaggio godendomi un bel film o un bel libro.

L’accettazione massima dell’impotenza di fronte alla possibilità di morire (ovviamente con l’illusoria speranza che questo non accada mai perchè io VOGLIO VIVERE)

E se voglio vivere, non voglio rinunciare alla mia passione che è vedere il mondo e allora devo correre qualche rischio, anche grande così! D’altronde non è quello che facciamo ogni giorno quando scendiamo dal letto e cominciamo a vivere le nostre giornate?

Buone riflessioni e buon lavoro a tutti!

 

 

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NON SONO MAI ABBASTANZA, l’inferno del perfezionismo

A cura della Dott.ssa Irene Agostini

Se sei qui intento a leggere questo articolo è perché probabilmente sai cosa significa essere un o una perfezionista. Sai cosa significa chiedere a te stesso talmente tanto da sentire che quello che fai non è mai abbastanza. Basta poco, un neo lo chiamo io, per far sì che tutti gli sforzi che hai fatto siano dimenticati! L’angoscia e la tristezza ti assalgono perché è evidente che se non hai raggiunto quel traguardo allora non sei “abbastanza bravo”, “abbastanza bello”, “abbastanza efficace” ecc…

La tua vita è probabilmente piena di “devo” anziché di “voglio” e potresti non sapere neanche più ciò che realmente desideri per te perché da troppo tempo cerchi di raggiungere ciò che credi di dover essere.

E allora ricordati di respirare quando sale l’angoscia, ridimensiona l’errore “E’ SOLO UN ERRORE, NON SEI UN FALLIMENTO TOTALE!”

Da quando ho imparato ad accettarmi nella mia possibilità di fallire, la mia vita è cambiata e non è stato un lavoro facile, nemmeno per me!

ORIGINI DEL PERFEZIONISMO

Il perfezionismo spesso nasce nell’infanzia. E’ possibile che i perfezionisti siano figli di genitori insicuri che investono emotivamente i bambini delle loro grandi aspettative, con il desiderio che i figli realizzino quello che loro non sono stati in grado di ottenere. Essi hanno preteso sempre di più e sono sempre stati molto critici in qualsiasi ambito, dalle performance scolastiche allo sport, dall’imparare a suonare uno strumento al modo di vestire. Inoltre questi genitori faticano ad accettare i limiti e i difetti dei figli. I figli di genitori con a loro volta una bassa autostima si trovano dunque a dover barattare l’accettazione e l’affetto dei genitori con le loro prestazioni. Sentono che per avere l’attenzione dei genitori devono essere perfetti. I genitori vedono i figli come un’estensione di loro stessi e cercano in loro delle soddisfazioni esterne. I bambini, di conseguenza, rispondono a questo con uno sforzo grandissimo per raggiungere i successi che i genitori richiedono loro. (Luca Mazzucchelli)

Anche Carl Rogers, psicologo statunitense, sosteneva che nel momento in cui si struttura la percezione delle relazioni, nel bambino emerge l’importanza che egli attribuisce a quella delle figure di accudimento che si manifesta attraverso il bisogno di essere amato, accudito e protetto, è una relazione in cui l’essere accettato è una questione di vita o di morte. In quest’ottica diviene chiaro come il bambino sia disposto a rinunciare a delle parti di sé per non perdere l’amore genitoriale. Rogers definì questo bisogno, “considerazione positiva” ed è talmente forte che, quando il bambino percepisce una discrepanza tra il suo giudizio e quello dei genitori, introietta i valori esterni rinunciando ai suoi e a quella che l’autore definisce la sua “saggezza organismica”.

NESSUNO E’ PERFETTO

E quindi non lo sarai mai nemmeno tu, smettila di farti del male!

  • Spendete almeno un minuto al giorno dandovi dei riconoscimenti per delle cose anche piccole che però avete fatto (potete anche trascriverle)
  • Ogni volta che emerge la parola “devo” nella vostra mente chiedetevi se ne avete davvero voglia o quella richiesta ha a che fare con il raggiungimento di uno standard
  • Respirate!
  • Se avete compiuto un errore ricordatevi che non siete perfetti ma che potete accettare la vostra imperfezione
  • Un errore è solo UN ERRORE non siete dei completi fallimenti
  • Ricordatevi che riconoscere gli errori, accettandoli, vi aiuterà a migliorarvi.
  • Ditevi: “Oggi ho fatto questo errore, proverò ad aggiustare il tiro la prossima volta”

IL PERFEZIONISMO E’ ALLA BASE DI MOLTISSIMI DISTURBI:

Nei disturbi del comportamento alimentare è presente sia nell’anoressia, nella bulimia che nel binge seppur in gradi e forme diverse;

Nei disturbi d’ansia, vediamo l’ansia da prestazione, le fobie, i rituali del disturbo ossessivo compulsivo;

Nelle dipendenza in cui l’oggetto tossico come la sostanza o l’alcol diventa il mezzo per punirsi o per alleviare l’insopportabile senso di inadeguatezza, vergogna e fallimento;

Nella depressione, quando chiediamo a noi stessi di essere quei bambini così buoni e perfetti (che non possono arrabbiarsi mai con gli altri per non perdere la loro accettazione o il loro amore) tutta la rabbia SANA che sentiamo la ritorciamo contro noi stessi.

Questi sono solo alcuni egli esempi che mi sento di riportarvi oggi ma, se accendeste un lumicino dentro di voi vedreste che quanto ho detto finora ci rispecchia un po’ tutti; E SE SENTI CHE QUESTO ASPETTO DI TE TI RENDE LE COSE DAVVERO DIFFICILI ALLORA NON ESITARE A CONTATTARMI, INSIEME POSSIAMO LAVORARCI!

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