Dipendenza affettiva, come riconoscerla

Come riconoscere la dipendenza affettiva:

-vivi i momenti di solitudine come qualcosa di estremamente angosciante?

-non riesci a stare da solo, al contrario hai bisogno di essere sempre in coppia?

-le tue angosce devono essere sedate da qualcuno che ti è vicino perché da solo non riesci a tranquillizzarti?

-cambi frequentemente partners perché ti piace vivere la fase dell’innamoramento e vivi come noioso il periodo in cui questa si esaurisce?

-ti ritrovi sempre con accanto la donna o l’uomo sbagliato?

-senti di dare troppo nelle relazioni e non senti di ricevere altrettanto?

Queste sono solo alcune tra tutte le domande che potrei fare per descrivere relazioni caratterizzate da problematiche di dipendenza affettiva e, nello specifico, rappresentano un particolare tipo di dipendente, quello passivo ma ne esistono altre forme che tratteremo più avanti.

La dipendenza affettiva consiste in una forma di rigidità relazionale che si esprime nelle ASPETTATIVE, nelle REAZIONI e negli ATTEGGIAMENTI che richiedono una risposta altrettanto rigida da parte di un interlocutore. Il dipendente affettivo vive nell’illusione di poter cristallizzare il rapporto in una fase di amore idilliaco e vivendo con l’angoscia che qualcosa nella relazione possa cambiare! Le relazioni vanno naturalmente incontro a molti momenti critici come, ad esempio, il passaggio dall’innamoramento ad una fase più matura del rapporto, la nascita dei figli, la convivenza ecc…

Tutti momenti che richiedono flessibilità, plasticità e la possibilità di attingere a diverse risorse sia personali che relazionali. Il dipendente invece reagisce con la rigidità e con il rifiuto verso il cambiamento del rapporto e utilizza un repertorio ristretto di strategie che non consentono alla relazione di evolvere in modo sano ed autentico.

Ma si può essere indipendenti in senso assoluto? La risposta è NO, un certo grado di dipendenza è sempre presente nelle relazioni intime. Gli esseri umani sono per natura animali da branco che necessitano di sostegno ed appoggio gli uni dagli altri. Diverse sono le relazioni caratterizzate da dipendenza, quelle amorose, quelle amicali e quelle tra genitori e figli ma soffermiamoci sulla relazione di coppia tra due persone adulte.

Quando allora la dipendenza affettiva diventa patologica?

“Ogni riflessione clinica sulla dipendenza va calata nella dimensione relazionale: da una ricerca disperata nell’altro, visto come unico regolatore del Sè, a una fuga atterrita dall’altro, visto come una minaccia alla propria integrità” (Lingiardi, 2005).

Possiamo quindi affermare che la dipendenza affettiva è presente quando c’è uno squilibrio, sia interno alla persona che nelle relazioni, tra la dimensione della dipendenza e quella dell’indipendenza con due uniche risoluzioni possibili: aggrapparsi all’altro o fuggire.

Nella dipendenza affettiva rientrano così, non solo coloro che non riescono a non stare in relazione con qualcuno ma anche coloro che non riescono a stare in relazione che con se stessi!

Oggi vediamo più da vicino una delle diverse tipologie di dipendenza affettiva:

IL PASSIVO-DIPENDENTE

“TI AMO PERCHè HO BISOGNO DI TE”

Questa persona vive nella costante angoscia di essere abbandonato, è disposto a pagare un prezzo sempre più alto pur di non perdere la relazione. Il rapporto non è bilanciato con le naturali spinte all’autonomia, la solitudine risulta quindi insostenibile. Il controllo, a causa della paura di perdita dell’altro, diventa il fulcro della relazione ed ha l’obiettivo  di rendere il dipendente pronto all’eventualità di rottura, di separazione dal partner. Questa disposizione relazionale non permette al soggetto di lasciarsi andare completamente, di abbandonarsi con fiducia, non solo alla relazione ma anche a se stesso. Eh si, quando non riusciamo a fidarci dell’altro in realtà non ci fidiamo della nostra capacità di reggere, nel caso specifico all’eventuale rottura del rapporto di coppia!

Il tentativo di controllo ritrova le sue radici in diverse esperienze del soggetto dipendente:

  • nelle relazioni precoci caratterizzate da deprivazione affettiva
  • nel fallimento di diverse relazioni instaurate nel corso del tempo

Nel secondo caso vediamo un forte contributo della persona ad avere relazioni “sbagliate”e fallimentari, il dipendente difatti tende a far allontanare i suoi partners a causa delle incessanti e pressanti richieste e a causa della scelta di partners narcisisti, sadici o schizoidi che presentano il problema opposto ovvero l’incapacità di sostenere una relazione intima e duratura e che non faranno altro che farlo sentire ancora più solo e carente di amore ed attenzioni! Si crea così un circolo vizioso: più il dipendente porta all’interno della relazione i suoi vissuti disfunzionali (es: l’angoscia abbandonica) più conferma il suo schema difensivo di base  (es: il venire sempre abbandonato).

Il dipendente affettivo, di base, ha una bassa autostima, non si sente degno di essere amato e di ricevere attenzioni a causa, come abbiamo precedentemente detto, delle relazioni primarie estremamente carenti. Le parti idealizzate di sè, come quelle di autonomia, sicurezza e capacità di autoaffermazione che il soggetto dipendente sente essere molto lontane da sè, vengono proiettate sul partner che viene così idealizzato e visto come come perfetto e onnipotente. Accanto a questi sentimenti di ammirazione coesistono quelli di competizione e di invidia che emergono attraverso svalutazioni ed umiliazioni del proprio partner sia pubbliche che in intimità (queste modalità sono maggiormente caratteristiche delle forme passivo-aggressive che tratteremo in un secondo momento).

L’atteggiamento prevalente nella forma passivo-dipendente oscilla tra condotte passive di sottomissione e condotte di protesta impotente, si sacrifica per la relazione, i suoi bisogni diventano secondari a quelli del partner  ed è a sua totale disposizione. Ovviamente il dipendente vive nella speranza del risarcimento, spera che un giorno anche a lui venga dato tutto ciò che lui per primo è stato disposto a dare nella relazione, ma ahimè, questo non accadrà  alimentando così frustrazione e rabbia. Più resta in attesa che arrivi questo risarcimento e più aumenta la sua rabbia ma, invece di esprimerla ad esempio attraverso condotte assertive, il dipendente la manifesta attraverso degli scoppi di collera che tendono però presto a rientrare. Lui stesso è spaventato dalla sua rabbia ed ha paura che questa possa far allontanare l’oggetto d’amore. Solo quando incontra un partner passivo che è disposto a tollerare tutta la sua aggressività possono comparire le condotte passivo aggressive.

In ogni dipendente rintracciamo però, affianco ai sentimenti malati ed ossessivi, un certo grado di disprezzo verso il partner, che ha ovviamente radici più antiche ma che ben si adatta alla scelta di partner trascuranti “degni” quindi di questo sentimento.

La dipendenza affettiva genera veramente molta sofferenza e per questo, se e quando la si riconosce come un qualcosa che ci appartiene, è opportuno ricorrere all’aiuto di un professionista per comprenderne le radici e per trovare insieme un modo più sano di costruire relazioni.

BIBLIOGRAFIA:
Massimo Borgioni, 2015, “Dipendenza e controdipendenza affettiva: dalle passioni scriteriate all’indifferenza vuota”. Ed. Alpes